giovedì 3 dicembre 2009

CICLO DEI ROBOT - Isaac Asimov

Insieme al ciclo della Fondazione, i robot di Asimov sono probabilmente la creazione più celebre del grande scrittore americano. Ciò che probabilmente ha reso così ampio il consenso dei lettori nei confronti delle sue opere è la capacità di raccontare vicende e paesaggi che appaiono credibili, coerenti, "robuste" e in questo ciclo avvincente se ne ha forse la migliore dimostrazione. L'autorevolezza di Asimov nel dare un senso a ciò non può averne, con il piglio di chi sa esattamente di cosa sta parlando mette il lettore nella condizione di cedere senza fatica alla cosiddetta sospensione dell'incredulità. Se poi pensiamo al fatto che i progressi tecnologici cui ormai siamo abituati ci mette sempre più di frequente davanti a meraviglie che fino a pochi anni prima si credevano semplici fantasie, immergersi nella lettura di un romanzo come questo diventa veramente immediato.
La fantascienza è un genere "difficile": tolti coloro che non hanno la capacità o il desiderio di sganciarsi dalla realtà del presente o dalla irrevocabilità del passato, rimangono quelli che amano invece sognare il futuro. E non sono pochi. Tuttavia sono, giustamente, esigenti. Il lettore di fantascienza pretende coerenza, il futuro che si intende narrare deve essere possibile. Ecco allora che, se da una parte non si fa alcuna difficoltà ad accettare una tecnologia che permetta di spostarsi nell'infinità dell'universo in un semplice batter di ciglia, allo stesso tempo si storce il naso di fronte all'eroe di turno che distrugge la flotta dei cattivi alieni schiacciando il grilletto della sua super-pistola laser.
Da questo punto di vista, Asimov è senza dubbio maestro incontrastato. Le vicende narrate nei suoi libri sembrano prese dai libri di storia, quelli che si scriveranno da qui ai prossimi mille anni, con uno stile sì avventuroso ma con un'intelaiatura che ricorda il naturalismo: scientifico, metodico, quasi ineluttabile. Non per nulla l'altra sua creazione, la Psicostoria, incarna proprio questa sua visione del futuro, quella in cui le grandi masse di uomini rispondono in modo matematicamente prevedibile agli eventi che il tempo presenta loro.
Il fascino di Isaac Asimov, nei suoi romanzi di robot ma anche in molti altri racconti, scaturisce proprio dalla sua capacità non solo di raccontare storie avventurose e intriganti ma anche e soprattutto dalla possibilità di immaginare come potrebbe essere veramente il nostro domani.

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domenica 30 agosto 2009

KAPUTT - Curzio Malaparte

Osservare il proprio operato con occhio critico è forse una delle cose più difficili, soprattutto quando dobbiamo soffermarci sull'espressione della parte oscura del nostro animo. Tanto più tentiamo di rifuggire gli incubi del nostro passato tanto più essi torneranno ad assillarci. E` la nostra coscienza che pretende attenzione e non basta far finta di non ricordare o, peggio ancora, negare i fatti per cancellare la Storia.
Kaputt non impone nulla al lettore, la sua è una forma più simile a quella del documentario che del romanzo, si limita a raccontare ciò che è avvenuto durante gli anni della seconda guerra mondiale, attraverso gli occhi di un uomo che ha scelto di non combattere la guerra ma di osservarla da vicino. Curzio Malaparte, come una sorta di inviato del fronte, va in giro per mezza Europa, passando per i villaggi bruciati e le città semi abbandonate. Il suo distacco, il suo sforzo di restar fuori dai giochi, tentando il più possibile di mantenere una seppur difficile libertà di movimento, gli permette di vivere con obiettività quanto accade intorno a lui. Non ci risparmia nulla di quei giorni, nemmeno i momenti più feroci, più crudeli, quelli che si tenta disperatamente di dimenticare e che ci perseguitano. Malaparte li documenta, con il cinismo del cronista, con la deferenza del professionista, una sorta di becchino che, di fronte alla morte, mantiene il suo contegno ma non cede al dolore o alla disperazione.
Solo la pietà trova spazio nel suo cuore, pietà per un genere umano completamente immerso nelle proprie ideologie assolutiste, talmente imbevuto di esse da non rendersi conto che lo manderanno “kaputt”, che lo porteranno alla rovina. Curzio Malaparte accompagna i propri simili in questo doloroso cammino, soffrendo non tanto per le atrocità commesse sul momento ma sulla terribile colpa e vergogna che peseranno su di essi per molto tempo, forse per sempre.

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venerdì 14 agosto 2009

LA FORTUNA NON ESISTE - Mario Calabresi

In questo periodo in cui la crisi sta colpendo il mondo viene naturale interrogarsi su cosa succederebbe se toccasse a noi cadere, su cosa potremmo fare per ricominciare e rialzarsi. A questo interrogativo cerca di rispondere Mario Calabresi, neo direttore de La Stampa, nel suo nuovo libro La Fortuna non esiste.
In questa opera, Calabresi ci presenta le testimonianze di uomini e donne, incontrate da lui durante la campagna elettorale di Barack Obama in qualità di corrispondente di Repubblica. Egli ci racconta di come queste persone hanno saputo ricostruirsi una vita dopo che la crisi gli aveva portato via il lavoro o la casa oppure dopo che, a causa della guerra, magari menomati fisicamente, erano ritornati in un paese cambiato, dove non c'era più nulla della loro precedente vita.
Noi italiani abbiamo la tendenza a pensare che nella vita ci voglia fortuna, con i suoi racconti Calabresi prova a convincerci del fatto che non è così, la fortuna non esiste e tutto dipende esclusivamente da noi e dalla nostra capacità di resistere, di metterci in gioco e di trovare in noi le giuste risorse. E' questo poi ciò che caratterizza il sogno americano.
Si tratta di un libro positivo, ottimista sebbene la maggior parte delle storie che ci vengono presentate abbiamo come sfondo il degrado, la povertà e le difficoltà di questo periodo.
E' difficile non commuoversi di fronte ai personaggi che Calabersi ci presenta, così come è difficile non restare colpiti dalle descrizioni di interi quartieri abbandonati a causa dello scoppio della bolla immobiliare. Tanta commozione, ma anche una forte iniezione di fiducia, tramite le storie di persone tornate a nuova vita e l'esempio di un paese che in uno dei suoi periodi più bui riesce a scommettere su un uomo nuovo, per guardare avanti al proprio futuro.

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venerdì 7 agosto 2009

UOMINI CHE ODIANO LE DONNE - Stieg Larsson

Uomini che odiano le donne è il primo volume della Millennium Trilogy del giornalista e scrittore svedese Stieg Larsson. Si tratta di un romanzo diesel, che parte piano, ma che accelera gradualmente senza più frenare tenendo il lettore incollato alle sue pagine.
Sono due gli aspetti che rendono così avvincente questo thriller. Prima di tutto la caratterizzazione psicologica dei personaggi, originali e ben definiti, con una storia alle spalle che ne giustifica i comportamenti. E' difficile non restare affascinati dalla figura di Lisbeth Salander, una giovane haker, dark, dal carattere difficile e dal giornalista quarantenne Mickael Blomkwist che incarna in tutto e per tutto i canoni classici del genere. Molto interessante poi, almeno per noi che guardiamo sempre con una certa invidia alle nazioni nordiche, è la realtà svedese che fa da sfondo alla trama. Abituati a pensare la Svezia come patria della tolleranza e di una società equa e giusta, stupisce scoprire come siano da sempre presenti moti neonazisti e problemi di violenze sulle donne, temi di cui Larsson ha sempre scritto conducendo inchieste approfondite che lo hanno portato a ricevere continue minacce da gruppi di naziskin e organizzazioni similari. E proprio la violenza sulle donne è il filo conduttore di tutto il romanzo, non solo per la presenza di donne maltrattate e abusate, ma anche per la scelta dell'autore di iniziare ogni capitolo con dati statistici relativi a questa problematica.
Si tratta di una lettura avvincente consigliata a chi ama il genere e cerca una trama solida in grado di mantenere vivo l’interesse, ma anche a chi cerca, attraverso un romanzo, di conoscere realtà diverse.

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Guarda questo speciale di Rai Storia sulla Millennium Trilogy:


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sabato 13 giugno 2009

COME DIO COMANDA – Niccolò Ammaniti

Dopo il grande successo di Io non ho Paura, Ammaniti torna a parlare del rapporto tra padre e figlio. Al centro del romanzo Come Dio Comanda è infatti il complicato e tragico rapporto tra Cristiano, che potrebbe essere un adolescente come tanti e Rino, padre alcolista ed emarginato, che ama suo figlio, al quale si sente fortemente legato e che cerca di proteggere in tutti i modi. Nella loro crudezza i romanzi di Ammaniti ritraggono sempre in maniera grottesca e spesso umoristica la realtà del nostro paese e Come Dio comanda non fa eccezione. Le vicende dei protagonisti si svolgono in un paesaggio di desolanti periferie dove si susseguono centri commerciali, capannoni, baracche, periferie molto simili a quelle delle grandi città in cui gli unici valori presenti sono quelli del consumo e dell'edonismo.
Peccato che questo tipo di vita non sia per tutti e che lasci indietro molte persone. Ed è proprio su questi che si concentra Ammaniti. I suoi protagonisti sono figure ai margini, personaggi “estremi”, violenti, instabili, i cui sentimenti di amore sono offuscati dall'ignoranza e dall'emarginazione. Ammaniti non cerca di giustificarli, non cerca di renderceli simpatici a tutti i costi, anzi la crudeltà delle loro azioni li rende spesso fastidiosi e lascia l'impressione al lettore che non ci sia assolutamente nessuna speranza. Ma sta proprio in questo la forza dell'autore, nella sua capacità di raccontare in maniera grottesca ma realistica la nostra società e le brutture a cui può portare.
La capacità narrativa di Ammaniti continua ad incantare oltre che i lettori il cinema, anche da questo romanzo, infatti, Gabriele Salvatores ha deciso di trarre un film.

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Guarda il Book Trailer di Come Dio Comanda:


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sabato 6 giugno 2009

ALTA FEDELTA' – Nick Hornby

Al centro del primo spassosissimo romanzo di Hornby è la musica, descritta attraverso le canzoni rock e pop che hanno segnato una generazione e interpretata in maniera esilarante. Il protagonista di Alta fedeltà è il trentacinquenne Rob, un ragazzo inglese che a Londra gestisce, insieme ad un paio di amici, un negozio di dischi come non ne esistono più, solo vinili e musica amata dal proprietario.
L'amore di Bob per la musica lo porta a ricondurre ogni attimo ad un qualche motivo musicale, a giudicare le persone in base ai loro gusti musicali. Rob Fleming è un personaggio in cui è facile immedesimarsi, i momenti chiave della sua vita sono quelli della vita di ognuno: il primo amore, il primo bacio, la sofferenza per la fine di un rapporto. Come molti trentenni, di fronte all'abbandono della donna amata e alla comparsa della morte nella propria vita si trova ad affrontare il mai avvenuto passaggio dall'infanzia alla vita adulta e a decidere che direzione imprimere alla sua vita. Dopo una serie di peripezie amorose e di situazioni paradossali riuscirà infine a trovare la propria strada e a prendere coscienza di sè.
Hornby in maniera brillante, commovente e amara mette in scena i sogni, gli amori e le disillusioni di un'intera generazione di trentenni a cui certamente non mancano entusiasmo e voglia di vivere.

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Guarda il trailer del film tratto dal libro:

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venerdì 20 febbraio 2009

VENUTO AL MONDO - Margaret Mazzantini

Poco più di 10 anni fa si consumava a pochi chilometri da noi l'assedio più lungo della storia bellica moderna che ha portato con sè milioni di morti e la distruzione di Sarajevo. Sembrano avvenimenti lontani nel tempo e nello spazio, ma non è così e ce lo ricorda Margaret Mazzantini nel suo ultimo romanzo Venuto al Mondo.
L'autrice riesce a raccontare la guerra con le giuste parole e l'orrore di quei giorni vive intorno al lettore. E' impossibile per chi come noi ha tanto sentito parlare di quel conflitto, ma l'ha sempre considerato lontano, non rimanere colpiti dalla brutalità, dalla capacità della guerra di rendere gli uomini bestie come testimoniato da molte pagine del romanzo, e in particolare nell’ultima parte.
Nonostante la durezza di molte pagine ciò che rimane al lettore è un messaggio di speranza, l'idea che anche dall'orrore possa nascere qualcosa, un amore, un'amicizia, un bambino.
E proprio il figlio della protagonista, che pur di averlo porta avanti la sua personale guerra, incarna la speranza di futuro di una terra martoriata.

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Festivaletteratura di Mantova 2009:


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domenica 15 febbraio 2009

CASA DI BAMBOLA - Henrik Ibsen

Non uno dei personaggi di questa opera teatrale suscita una qualche minima forma di simpatia. Ibsen sembra istigare all'odio verso uomini e donne il cui comportamento arido li rende distanti dallo spettatore. Non basta nemmeno il fugace momento in cui Nora passa con i propri figli, per i quali, oltre a questo, non si può che provar profonda pena, avendo a che fare con gente tanto legata agli aspetti materiali della vita e incapaci quindi di prendersi cura di loro con l'affetto di cui avrebbero bisogno.
E non basta nemmeno il gesto drammatico di Nora nel finale a redimerla ai nostri occhi, anzi non possiamo che essere soddisfatti della punizione che ella giustamente si autoinfligge per la propria insulsaggine, andando a cercare nel "mondo esterno" il senso perduto della vita.
In Casa di bambola Ibsen dipinge un affresco a tinte fosche, grigio e freddo, fatto di amori disperati, di aridi calcoli coniugali, di insensibilità verso l'altrui sofferenza. Nessuno si salva. Ed è inesorabile la condanna del cinico mondo borghese, intrappolato nei propri valori basati sul benessere e l'avidità e incapace di ritrovare il gusto dei sentimenti più semplici e istintivi.

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