martedì 25 gennaio 2011

L'AMICO RITROVATO - Fred Uhlman

Quella de "l'amico ritrovato" è una novella tanto breve quanto efficace e il messaggio di Fred Uhlman è chiaro: un uomo va giudicato non per ciò che è ma per ciò che fa.
La necessità umana di catalogare quel che ci circonda spesso va oltre i confini del bisogno, diventa mania, persecuzione, schiavitù, della mente prima che del corpo. Si oltrepassa il limite nel momento in cui il nome si sostituisce alla sostanza, la mente si limita a compiere l'associazione parola - immagine, prima ancora dell'associazione parola - materia. Si compie un'ingiustizia quando si spinge il prossimo a preferire la prima alla seconda. E` così che lo squalo diventa innanzitutto un mostro assassino da abbattere, un pollo solamente un pezzo di carne nel cellofan, un uomo niente più che un concorrente/avversario nella propria corsa al benessere.
Questa sorta di bidimensionalità del pensiero è una piaga ancora molto radicata, anche nella nostra "istruita" epoca, non c'è voglia, non c'è tempo di spostare la prospettiva per scoprire la moltitudine di tridimensionalità nascoste dietro ogni cosa. Così ci perdiamo gran parte del divertimento del vivere.
Emblematica è la scena in cui il padre del protagonista, ebreo e quindi vittima delle scelte razziste della Germania nazista, decide di uscire di casa indossando l'uniforme militare, dimostrando così, nonostante venga implicitamente accusato di rappresentare un pericolo per il paese, di essere orgoglioso per aver combattuto fra le fila dell'esercito tedesco, insieme a chi, come lui, quel paese lo voleva rendere grande.
L'uomo anela ad elevarsi ma l'ottusità di cui continua ad essere vittima nel corso dei secoli è ciò che più lo allontana dal suo obiettivo, rendendolo inevitabilmente più simile alla bestia di quanto non vorrebbe lui stesso ammettere.

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