sabato 22 ottobre 2011

TEMPESTA DI SPADE - George R.R. Martin

La monumentale saga di George Martin continua spedita verso una meta sempre più lontana e sempre meno intelligibile. Ogni speculazione su qualsivoglia futuro sviluppo della trama è totalmente inutile, come già nei precedenti capitoli, anche Tempesta di spade riserva ogni genere di sorprese e colpi di scena (alcuni decisamente spiazzanti), di conseguenza riporre troppe aspettative o troppo affetto in un personaggio o nell'altro non porta ad altre conseguenze che non siano frustrazione e delusioni. Verrebbe quindi da pensare che non valga la pena perdere del tempo nel leggere una simile fonte di dispiaceri e tuttavia non si può fare altro che arrendersi di fronte alla propria inesauribile curiosità di vedere cosa succede dopo.
L'intera saga delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco è un'opera che dà dipendenza senza però dare assuefazione. Ogni volta infatti si comincia un nuovo capitolo con tutte le buone intenzioni di restare impassibili di fronte alle inevitabili disfatte che i propri eroi incontreranno, refrattari a emozioni che possono scaturire nel vedere il proprio beniamino in difficoltà se non addirittura prossimo alla fine. Ma è tutto inutile. La passione finisce col travolgere e ci si trova immischiati per l'ennesima volta nel gelido abbraccio della Barriera, nelle umide e insidiose lande del Tridente, nel soleggiato e subdolo Sud, nelle esotiche e spietate terre sulle sponde del Mare dell'Estate.
Tempesta di Spade è un'opera ricca di eventi che si sviluppano soprattutto nella seconda parte, la prima, lenta, è più una preparazione a quanto accadrà in seguito. Martin dimostra la consueta abilità nel rappresentare ciascun personaggio, riuscendo peraltro a mantenere il giusto distacco nei loro confronti, senza mai dimostrare un particolare attaccamento o preferenza. La narrazione è sempre scorrevole, niente intoppi, il meccanismo è ormai ben oliato e fila via liscio, seguendo una struttura collaudata e sicura. Si potrebbe sollevare un'obiezione su certe scelte nello sviluppo della trama. Alcuni eventi infatti sono un po' troppo eclatanti e stridono con l'estrema (relativa) coerenza di tutto l'impianto. Martin costringe il lettore ad accettare in più occasioni che certi personaggi siano in grado di manovrare dietro le quinte ogni genere di complotto o di scoprire in anticipo pressoché ogni mossa del proprio avversario, mentre altri sono totalmente alla mercé dei propri nemici, incapaci di vedere oltre il proprio naso, abilissimi nel prendere le decisioni sbagliate, solerti nel cadere in ogni genere di trappola che venga tesa sotto i loro piedi. La cosa che stupisce è che difficilmente a un autore si dà credito oltre un certo limite, quando ci si trova di fronte a certe soluzioni. Con Martin invece, non solo gli si concede altra attenzione ma, nonostante i vari maltrattamenti subiti, si finisce col dedicarne ancora di più. Come dicevo, dà dipendenza e non c'è alcuna intenzione di smettere.

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